Tra le mura meticolosamente dipinte di bianco della Galleria Ariminum non ci sono stati solo dipinti, sculture e tavole di legno, ma sguardi ed esperienze che hanno lasciato un segno indelebile nel centro storico riminese. Mentre li conoscevo scrutavo i loro sguardi che si infiammavano al cospetto delle loro creazioni, invasati da una passione che illuminava ogni cosa che mi veniva mostrata.
Luciano Filippi alla tavolozza aggiunge gesso, polvere di marmo, collanti e tempere, tubetti spremuti con la forza sulla tela, forme che diventano materia allo stato puro. La sua pittura esplode in sinfonie tonali di colorazioni accese, le vele delle imbarcazione e le cattedrali emergono da atmosfere incerte, una creatività che nasce ogni volta che l’artista scorge la tela illuminarsi, plasmando consapevolmente un linguaggio in divenire.
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Da sempre influenzato dalla linea impressionista di Monet, Filippi ha reinterpretato la filosofia pittorica del movimento, sperimentandola in chiave moderna. Da qui nascono le sue barche con le vele che si muovono al vento e si stemperano nel cielo mentre la prua si disperde nel mare. Le sue cattedrali che riecheggiano appunto Monet e creano un effetto visivo estremamente suggestivo. La pennellata di Filippi ha deciso di muoversi in modo disordinato, ben consapevole di straripare dai contorni delle forme del reale, ma reinterpretando così il riverbero della luce sugli oggetti come su tutta la realtà. Attraverso il tocco e la vivacità di un colore che predomina sul resto della tela, il pittore comunica la sua emotività allo spettatore: è un rosso fuoco quello che esplode dalla vela di un’imbarcazione e influenza ogni singola trama del dipinto, è del viola quello che puntella un campo in fioritura.
Cecilia Gamberini, Rimini Marzo 2010, Galleria Ariminum