Luciano Bertacchini - Luciano Filippi

E’ nelle rive sabbiose, negli argini battuti dal sole, nelle barche abbandonate, nei tetti delle case campestri, dove, Luciano Filippi, si è scoperto “pittore”. Nei paesaggi d’acqua, di alberi e nubi, come nei tracciati di semplici presenze umane, continua una vicenda che, per l’artista, non si allontana dai primi genuini sentimenti, da immediati contatti di vita naturale. Immagini percorse e ricordate, non soprafatte, in alcun modo da ciò che la società tecnologica può privilegiare.

Profili di vegetazioni, cieli d’albe e tramonti, accese vibrazioni estive, ori autunnali, spaziate, silenziose scansioni dell’inverno, intese come motivi d’esistenza, con improvvisi scorci, riverberi di luci e trasparenze.

Visioni che, sempre più scandite da risonanze timbriche, da dilatati accordi  d’elegia tonale, sono, per Filippi, un continuo motivo di ricerca. Ben evidente, nel percorso pittorico dell’artista, la provenienza “naturalistica”, la lirica spinta dettata, soprattutto, dalle sensazioni di ciò che, senza oscurità concettuali, può trovare riscontri nei sentimenti sereni ed immediati.

La serie d’immagini che, Luciano Filippi, ora riunisce, ambientate in orizzonti ed atmosfere diverse (diverse le stagioni, diversi i momenti di lavoro) è sicura traccia (nelle case e nelle barche solitarie, nei campi silenziosi, nelle luci meridiane o in quelle quasi spente del crepuscolo) di un’identità poetica trovata con equilibrio meditato e commozione. Trepidi, assorti bagliori che s’innestano sui muri, fra gli alberi, sui capanni delle deserte spiagge. Non c’è dramma; le forme, i colori non sono sferzati dalle “culture” dell’angoscia ma da voci che  cercano quiete ed armonia. Aspetti di un linguaggio che, sulle percezioni del “reale” si trasferisce nei ricordi, dal racconto di luoghi ed orizzonti, si articola in frammenti: frammenti della memoria.        

Luciano Bertacchini, Ottobre 1987